Mi svegliai di soprassalto. Sentivo freddo. Il lato del letto di Bella era vuoto. La sveglia segnava le 04.12 del mattino. Aspettai qualche minuto e, non vedendola tornare, mi alzai.
La vidi dal parapetto delle scale. Piccola, rannicchiata sulle sue ginocchia, con lo sguardo perso fuori dalla finestra.
-Una rosa per i tuoi pensieri-
Mi ero avvicinato a lei piano piano, rubando un bocciolo dai miei vasi.
-Sei già sveglio?-
-Mi mancavi, senza di te il letto è così freddo.-
Posai le labbra sulla sua fronte. Dalle sue uscì un lieve sospiro.
-Che hai piccola?-
-Pensieri.-
-Preparo una camomilla? Ti va?-
Non si volse verso di me, ma annuì col capo.
Preparai le tazze, zucchero, miele e limone. Attesi che il bollitore fischiasse e poi tornai da lei. Poggiai il vassoio a terra e cercai la coperta. Tremava dal freddo, così gliela avvolsi attorno.
-Ora sto meglio.-
-Perché non mi hai svegliato? Ti avrei fatto compagnia.-
-Dormivi sereno. Mi dispiaceva.-
-Vuoi parlarne?-
-Tu domani torni al lavoro e hai dormito poco. Ne parleremo quando sarai di ritorno .-
-Non ho più sonno e poi non potrei dormire sapendoti in difficoltà per i troppi pensieri.-
Il suo viso era tornato triste.
-Vorrei solo che tu capissi, Bella, che non è giusto rimandare ad altro momento o tenere per sé ciò che ti pesa. Non ti fa bene. Se poi non ne vuoi parlare con me possiamo chiedere a Shepherd se ha qualche nome da darci per aiutarti. Dimmi solo che devo fare?-
-Edward, devo ridefinire tutta la mia vita e arrendermi al fatto che ho sbagliato tutto, con i miei genitori, con Jacob e ora con te facendoti preoccupare più del dovuto.-
-Mi fai preoccupare se non parli ok? Io sono qua e ci resto. Vuoi stare in silenzio? Lo sai che non è proprio la cosa migliore per la tua ansia e per il tuo stato psico-fisico, ma non ti assillerò, ti farò muta compagnia. Ma non ti lascio sola.-
Il suo sguardo nel mio. Fermo. Non avrei dovuto impormi, ma Sloane mi aveva detto che parlare dei suoi stati d'animo era fondamentale per la guarigione.
-Dimmi solo una cosa, è troppo per te l'anello, l'università, la mia famiglia?-
Le sue mani a coprire il suo dolce viso.
-Edward sono un caso clinico… Non imparo mai…-
-Shhhh piccola, sono qui e abbiamo tutta la notte, non avere fretta. Andiamo sul divano? Così posso abbracciarti un po’? Mi manchi e ho freddo se non ti ho accanto…-
La sua mano cercò la mia intrecciando le nostre dita.
-Andiamo a letto. Voglio che almeno la tua schiena non ne risenta domani.-
-Ha paura, Miss SwanquasiMasen, che io posso sciuparmi???-
Le strappai un sorriso, e poi un urletto. La presi in braccio e me la portai in camera.
Eravamo sdraiati da un po’.
Abbracciati l'uno all'altra.
Non parlava.
-Posso stare ore così. Quando vorrai far esplodere quel vulcano che è nella tua testolina io sarò pronto ad ascoltare ok?-
Sospiri. Alcuni più secchi di altri, ma sapevo che a modo suo stava cercando il coraggio di far esplodere il tutto.
-I miei hanno sempre vissuto in simbiosi.-
Si alzò dandomi la schiena. Feci per alzarmi.
-No Edward resta li. È più semplice per me così.-
-Come vuoi. Me ne sto qui sdraiato e ti ascolto.-
-Bene-
Prese un grosso respiro.
-Non sono mai stati grandi abbastanza per accudire dei figli. Prima di avere me, mia madre ha avuto qualche problema. Non riusciva a rimanere incinta. Poi un giorno, a seguito dell'ennesimo test, scoprì di aspettare me. Mio padre era elettrizzato e allarmato come ogni marito/quasi padre che stava per avventurarsi nei nove mesi dell'attesa. Furono i nove mesi più intensi del loro matrimonio. Nove mesi dove si riscoprirono, dove si unirono più di prima. Poi la magia si spense. Mia madre cominciò a fare la madre e non più la moglie e mio padre ne soffrì. Cominciarono a litigare fino a che mia madre, stanca, lo cacciò di casa. Lei aveva paura che tutto questo loro litigare potesse infastidire la mia tranquillità e pensando di essere nel giusto mi allontanò da mio padre. Da quel momento cominciò l'isolamento di Isabella Swan da tutto ciò che era pericoloso per la sua tranquillità. I problemi, le paure, tutto doveva sparire e nulla mi doveva toccare. Nulla. Neppure le paure di mio padre. La famosa campana di vetro era stata costruita. Ma non aveva pensato a tutto ciò che avrei dovuto affrontare in seguito. Fu così che mi fece cambiare ben due scuole, ci spostammo da un capo all'altro di Seattle. Quando fui un po’ più grandicella decisi di studiare fuori casa. Volevo evadere da quella prigione dorata, ma le mie lotte furono vane. Mio padre dopo il mio diploma si staccò dalla pseudo famiglia e tornò a Forks lasciandomi con una Renèe sempre più depressa. Con il tempo si era resa conto di aver fatto terra bruciata attorno a noi due e non sapeva più come fare. Decise di rifarsi una vita. In questa vita io non ero compresa e mi spedì da mio padre. Un uomo buono, ma che nonostante 17 anni di convivenza non avevo mai conosciuto. Era Charlie, non papà. Quando arrivai a Forks decisi di prendere in mano la mia vita, non avrei potuto permettermi di studiare e non avevo voti alti per una borsa di studio. Avrei lavorato. Così il pomeriggio aiutavo nel market del paese e la sera lavoravo come barista in un locale non distante da casa. Fu li che conobbi Mike. Mi fece una corte serrata, tanto da farmi decidere in pochi giorni di lasciare tutto e seguirlo a Seattle. Di nuovo in questa città, questa volta credendomi forte dell'amore che pensavo di provare per lui. I primi giorni furono facili. Trovai lavoro per l'agenzia di servizi dopo tre soli giorni. Mi fece da subito storie. Non apprezzava quel tipo di lavoro. Diceva che in un modo o nell'altro era come mettere in mostra e vendere me stessa, intaccando ancora di più la mia autostima. Non fu facile, per nulla, ma dovevo proseguire. Il lavoro mi permetteva di pagare metà delle bollette e fare la spesa. Ad un convegno ritrovai Angela, una compagna di scuola, l'unica forse con cui alle superiori scambiai qualche parola e qualche compito. Cominciammo ad uscire, a fare qualche serata tra amiche. Ma neanche questo piaceva a Mike. Di certo non potevo immaginare che Angela puntasse al mio ragazzo e non alla mia amicizia.-
Scosse la testa. Avevo paura che tornasse nel suo silenzio assordante, ma così non fu. Riprese respiro e parlò ancora.
-Poi sei arrivato tu. Dopo 23 anni passati nel buio più totale sei arrivato tu e mi hai aiutata, non posso dire incondizionatamente ma per me quel che conta è che sei qui con me, nel bene e nel male. Mi hai offerto la tua mano. Mi hai aperto le porte del paradiso e io ho paura. Ho paura di tutto Edward. Io non sono capace di avere qualcuno accanto. Nessuno mi ha mai insegnato ad avere a che fare con il prossimo. Io sono vinta dalle emozioni quando ti ho accanto, ma non so come fare. Ho paura. Ho paura di sbagliare tutto e vivere nel peggiore dei modi questa mia nuova vita.-
La vidi voltarsi lentamente. Il contatto con i suoi occhi mi scaldò il cuore. Le guance colme di lacrime.
-E se per la mia incapacità rovinassi tutto? E se mandassi tutto a puttane per paura?-
La fissai un istante.
-Io sarò quello che ti assillerà. Sarò quello che vivrà nella paura di perderti. Tu dovrai solo amarmi e perdonarmi per ogni cavolata che farò. E se vorrai, potrai anche picchiarmi, se ti aiuterà.-
Le sorrisi e di rimando mi sorrise anche lei. Fu semplice abbracciarla. Si era affidata a me. Aveva fatto un grande passo e io l'avrei aiutata ad imparare ad amare in modo sano e sereno, senza ansie.
Ci stendemmo di nuovo sotto le coperte. Pianse un po’ fino a che non si addormentò di nuovo.

___
La sveglia suonava le otto. Dovetti alzarmi. Bella dormiva ancora e sembrava serena. Feci tutto in assoluto silenzio, volevo che riposasse.
Così prima di uscire le scrissi un biglietto dove le chiedevo di raggiungermi in clinica per il pranzo. Non poteva mancare la sua rosa.
Così prima di uscire le scrissi un biglietto dove le chiedevo di raggiungermi in clinica per il pranzo. Non poteva mancare la sua rosa.
Chiusi la porta di casa, faticavo a fare un passo. Lo stacco da quei giorni infiniti passati assieme sarebbe stato duro da sopportare, ma io avevo il mio lavoro e lei doveva avere i suoi spazi e riprendere la sua vita in mano. Le sue parole mi avevano fatto capire che già avevo osato troppo. Dovevo fermarmi, altrimenti l'avrei persa anche io, come le altre figure della sua vita.
Stetti tutta la mattina a controllare il cellulare eppure non suonò. Era un primo suo passo? Non lo so, non avevo risposte o per lo meno non ne avrei avute fino all'ora di pranzo. Magari dormiva, magari…
"Bip… Bip…"
Il suono del sms mi ridestò dai pensieri.
"Ti amo e ci vediamo a pranzo."
Quante paranoie inutili mi ero fatto.
La porta del mio studio si aprì. Shepherd rise e mi fece cenno di seguirlo.
-Un caffè in compagnia bell'innamorato?-
Scossi la testa e lo seguii.
-Come procede? La fidanzatina come sta?-
-Meglio grazie. Stanotte ha cominciato ad aprirsi…-
Abbassai lo sguardo in cerca del pulsante del caffè quando lo sentii ridere.
Lo guardai in modo perplesso.
-Così si sarebbe aperta?-
Ripensai alle mie parole.
-MA DAI!!! Sai bene che intendo!-
-Si che lo so ma mi piace troppo vederti così infervorato. Masen sei uno spettacolo!!!-
-Divertiti alle mie spalle.. Si, si!!-
E lui rise ancora di più.
-Piuttosto se avessi bisogno di portarla da uno psico-terapeuta hai qualche nome da suggerirmi?-
-Certo, ma con Sloane non è andata bene?-
-Oh si molto bene, ma ieri ha cominciato a parlare di un po’ di tutto ciò che ha vissuto e forse ho pensato di non essere proprio la persona più adatta per aiutarla.-
-Ascolta Masen. Ho letto la cartella che mi ha inviato Sloane. C'è tanto da fare ma lei ha scelto te come spalla. Non dimenticarlo questo ok? Poi comunque posso darti dei nomi, ma dalle tempo. Ok?-
Una pacca sulla spalla e mezzo sorriso.
-Tranquillo Edward ne verrete fuori.-
Mi lasciò al mio caffè e ai miei pensieri.
Passai da Alice, ma non era di turno.
Tornai nel mio studio e chiesi alla mia caposala le cartelle cliniche delle pazienti che avrei dovuto vedere nei giorni a seguire. Lavorare e non pensare a Bella avrebbe fatto scorrere l'orologio più velocemente.
Pranzammo assieme in un ristorante poco lontano dalla clinica.
-Mi manca starti accanto tutto il giorno… oggi ho persino fatto finta di interessarmi alle mie pazienti.-
Sorrise e mi fissò per un attimo.
Poi tornò con la testa sul suo piatto.
-Ho detto qualcosa di sbagliato piccola?-
-No Ed… Tu sei fantastico e me lo dimostri ogni giorno. È solo che io ho troppa voglia di te…-
Le sue guance cominciarono a colorarsi di porpora e i suoi occhi a luccicare.
Mi alzai dalla sedia, la presi per mano. Pagai il conto e la portai a casa.
-Tu non devi patire voglie!-
-Edward ma sei scemo? Non sono mica incinta!!-
-No, tu non capisci! -
Il suo sguardo mi confermava ciò che avevo apostrofato.
-Bella tu non devi chiedere, non devi aspettare. Hai voglia di me? Mi chiami e arrivo.-
-Tu… Tu sei pazzo??? Hai un lavoro, delle responsabilità…-
-Infatti, non contraddirmi e corri in casa non ho molto tempo.-
Cominciò a correre e io la seguii. Con due falcate la raggiunsi, la presi in braccio e me la caricai addosso.
-Voglio sentirti implorare di smettere!!!-
-Edward….-
-Si???-
Saltai i gradini a due a due…
La lanciai sul letto e mi buttai su di lei…
-Dicevamo signorina… di che cosa ha voglia?-
Già la sentivo gemere al contatto dei nostri corpi.
-Uhmmm non saprei dottorino dei miei stivali, che mi propone?-
-Bene… Avrei qualcosa di molto duro a cui vorrei dar sollievo, ma lei è pronta a riceverlo?-
Il suo collo si irrigidì tendendo tutto il suo corpo.
-Oddio Ed… Lo sento…-
-Bene… perché ora oltre a sentirlo lo avrai tutto per te...-
La sua pelle si stava riempiendo di brividi e io ne andavo fiero. Le mie parole e il mio tocco la mandavano in estasi.
Le tolsi le mutandine.
-Adoro quando metti la gonna-
-Uomo pratico e voglioso!!!-
-Si piccola e la mia voglia sei tu.-
Mi staccai da lei per togliermi i pantaloni.
Cercai con la mano la sua intimità.
-Sei già pronta amore mio??? Quante soddisfazioni dai al tuo dottorino…-
La penetrai. Un colpo secco. Lei rimase a bocca aperta.
-Ti.. faccio male… Bella?-
-Zitto e fammi godere…-
Dio mio non poteva trasformarsi in pantera in pochi attimi.
Quando afferrò le mie natiche e mi sussurrò di non fermarmi, la feci mia in modo animale. Era troppo per me. La presi pensando al mio piacere, ma non togliendo nulla al suo. La sentii gridare più di una volta e perdere il respiro di continuo.
-Dio Edward ho idea che dovremmo pranzare in questo modo più spesso…-
Rideva serena su quel letto. Mi alzai, mi ricomposi e mi avvicinai di nuovo a lei.
-Devo scappare amore. Mi terrò il tuo odore addosso per tutto il pomeriggio.-
Si coprì il viso con le mani.
-Edward tu sei folle.-
-Di te piccola mia!!!-
E me ne andai dopo averle lasciato un bacio languido sulle labbra.
…

Tornai nel mio studio, dovevo seriamente pensare alle mie pazienti, controllare le cartelle cliniche e i requisiti per le operazioni.
Mi trovai improvvisamente a comparare ogni volto di quelle donne con quello del mio amore. Era splendida, soprattutto dopo che avevamo fatto l'amore, rilassata e serena.
Scossi la testa e presi la prima cartella.
Miss Eleonor Packer, una trentenne che aveva avuto un rilassamento del muscolo del gluteo.
Una semplice operazione trasformata in una tortura per il suo splendido corpo.
Guardavo la foto. Il volto. Uno di quei volti che una volta mi avrebbe ispirato sogni ben poco casti, eppure oggi, guardandola, anzi osservandola non provavo nulla. La mia mente viaggiava su altri lineamenti, un altro volto ben impresso nella mia mente.
Presi foglio e penna e cominciai a scrivere.
"Ciao Amore Mio…
Oggi mentre cercavo di lavorare il tuo volto ha coinvolto ogni mio pensiero e non sono stato più in grado di combinare nulla dietro questa scrivania, se non pensarti.
Ho ripensato alle tue parole. A questa notte carica di verità e come al solito mi sento in debito.
E sai perché? Perché tu hai condiviso la tua vita con me. Solo con me.
Ora è il mio turno.
Lascia che io condivida con te la mia vita, però prendimi per ciò che sono perché non so se riuscirò a cambiare mai, non ho la tua forza d'animo.
Prenditi il mio cuore.
È pieno di tutto ciò che sei e ogni cosa che fai e non ho bisogno di guardare troppo lontano, non voglio dover andare dove non mi puoi seguire, non posso scappare da ciò che sono.
Ma voglio che tu sappia che non c'è nessun posto in cui nascondersi se non nel tuo amore.
Ripenso alle tue parole e voglio che tu sappia che non è mia intenzione ferirti, mai. Stai tra le mie braccia se ne hai il coraggio, e io so che dentro te c'è un animo da leonessa, e mai come ora vorrei averti sempre con me, anche ora.
Non andartene via da me, mai, perché senza di te non ho nulla.
Tu hai guardato nel mio cuore, hai fatto crollare tutti i miei muri con la forza del tuo amore.
Non ho mai conosciuto l'amore e l'ho conosciuto con te.
Ti amo vita mia.
Per sempre tuo.
Edward."
Presi la lettera scappai dall'ospedale. Dovevo festeggiare quella sua apertura con me.
Cena romantica, fiori e un bel regalo. Tutto per la mia regina.
Chiamai a casa, l'avvertii di farsi trovare pronta per le 19.00. Sarebbe stata la nostra serata.

Vi rubo un paio di minuti prima di lasciarvi.
Agli occhi più fini le parole di Edward ricorderanno qualcosa...
Il testo tradotto e rivisitato di una splendida canzone di una donna che ho ammirato da sempre.
La potete ascoltare qui!!!
Vi riordo anche che vi aspetto per chiacchiere e quant'altro nel nostro gruppo su FB... Dr. Masen e Padre Edward
A presto...
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