giovedì, agosto 18

Capitolo 13 - Sottoesame














Mi fecero accomodare sul mio letto. Edward era lì con me nella stanza. Seduto sulla poltroncina con lo  sguardo fisso su di me. Mi faceva sentire protetta. Era una cosa strana. Mi bastava il suo sguardo per sentirmi al sicuro e invincibile. E lo ero. Ero lì con lui e non avevo paura. Le parole del Dr. Shepherd mi avevano in qualche modo rincuorato. Stress. Curabile. Nulla di spaventoso.
<Signorina Swan> 
Il Dr. Shepherd mi richiamò dai miei pensieri. 
<ora le misureremo la pressione e  la febbre e valuteremo l’ossigenazione del sangue. Tutto questo sarà ripetuto per le prossime due giornate almeno ogni quattro ore. Tra i vari controlli, faremo una serie di esami di laboratorio sulle sue urine e sul suo sangue e poi alcuni esami specifici per valutare se ci sia qualche infezione in atto. Una lastra al ventre e una al torace. Dilazioneremo il tutto in due giorni per non crearle troppo stress. Per qualsiasi cosa voglia chiedermi, senza rivolgersi al suo iper-apprensivo compagno, basta che mi faccia chiamare e sarò subito da lei. Ora mi perdoni ma devo finire il giro delle mie visite, passerò nel tardo pomeriggio per vedere come sta.>
Salutò Edward e mi lasciò in balia della caposala.
Alice mi spiegava ogni sua mossa, la sua voce era come un palliativo e mi faceva sentire tranquilla, nonostante maneggiasse aghi, termometri e apparecchi vari.
Compilò la mia cartella in ogni sua parte e mi salutò appoggiando la sua mano sul mio braccio.
<Tranquilla vedrai che si sistemerà tutto.> e se ne andò.
Come fu fuori Edward si avvicinò al mio letto. 
<Piccola come ti senti? Hai bisogno di qualcosa?>
<No Edward. Sono a posto. Mi sembra di essere coccolata come una bambina piccola. Vorrei capire quanta gente hai smosso per avere questo trattamento.>
<Lo vedi, sono amici e familiari, ed è come se si prendessero cura di me. Tu cerca di riposare tra poco verranno a prenderti per fare un elettrocardiogramma.>
<Tu verrai con me?>
<Tutto quello che vuoi piccola mia.>
<Resta con me…. Sempre.>
<Sempre>
Mi stampò un bacio sulla fronte. Quando sentimmo qualcuno schiarirsi la voce dalla porta della camera.
<Piccioncini si va a fare un giretto.> 
Alice, con una sedia a rotelle era venuta a prendermi. Guardai implorante Edward. 
<Ti prego la sedia a rotelle no…> gli sussurrai trattenendolo.
<Alice, credo che di quella non ci sia bisogno. La accompagno io a fare l’ecg.>
<Ok. Ma io devo salire con la cartella e un sacco di scartoffie, quindi aiuterai Bella e me.>
Uscì dalla stanza facendogli la linguaccia.
<Il mio folletto… come si fa a dirle di no?>
Mi aiutò ad alzarmi dal letto. Avevo qualche tubicino che scappava dal braccio, un po’ impressionante, ma nulla mi spaventava con lui accanto.
Prendemmo l’ascensore, Alice inserì la chiave e salimmo al quinto piano. Cardiologia.
Mi accompagnarono in un ambulatorio, mi trovai di fronte macchinari immensi, mille bottoni, mille cavi e le porte si chiusero senza che il mio principe potesse stare accanto a me. Avevo Alice. Lei rimase con me. Strinse la mia mano e mi sussurrò… 
<Non ho la stessa presa di Edward, ma mi ha chiesto di vegliare su dite.> e sorrise.
Mi fece togliere la maglia del pigiama. Mi fece sdraiare. Tutto questo con la grazia che avevo notato in Edward. Gli occhi, il sorriso, i modi… Dovevano aver ricevuto tanto amore e tanta educazione da piccoli. E nonostante le varie possibilità, avevano scelto lavori umanitari, in mezzo alla gente, per aiutare la gente. Erano di cuore. Un cuore grande capace di capire in poche ore il mio stato di salute trasandato. Le mie difficoltà. Le mie debolezze. Senza farmene un peso.
<È lì fuori che controlla. Guarda tu stessa.>
Alice m’indicò l’oblò di vetro della porta. I due smeraldi erano lì. Accennò un sorriso al quale risposi. M’inviò un bacio con la mano e io allungai la guancia a prenderlo.
<Ora Bella rilassati, chiudi gli occhi. Sentirai freddo. Ti applicheranno delle piccole ventose alle quali saranno collegati i cavi che registreranno i tuoi battiti. Cerca di rilassarti, magari fissando il soffitto, non il mio fratellone. Ok?>
<Ok!!!>
E così fu. Cavi da ogni dove e continui bip… Dopo una mezzoretta, mi trovai in uno stato di intorpidimento generale. Alice mi si avvicinò.
<Bene ora ti leverò tutto e torneremo nella tua stanza. Così potrai mangiare un po’.>
<Mi sento le gambe addormentate… posso aspettare qualche minuto prima di alzarmi?>
<Che ne dici di una sedia a rotelle?>
<Alice ti prego… >
<Allora chiamo il mio fratellone.>
<Alice…> Fu inutile chiamarla.
Mi trovai Edward e le sue forti braccia a reggermi e portarmi fuori dall’ambulatorio.
<Bastava aspettare qualche minuto Edward e le gambe avrebbero ripreso la circolazione.>
<Piccola, NESSUN SFORZO! E siccome mi sembri un po’ viziata, il tuo principe deve assecondarti…>
Disse sfoggiando il suo sorriso migliore, quello che mi abbacinava tutte le volte.
Una volta a destinazione, mi posò sul letto. Alice misurò nuovamente la temperatura, l’ossigenazione e la pressione. Poi compilò la  mia cartella e ci salutò.
<Allora come va la tortura piccola mia?>
<Mi sei mancato là dentro.>
<Alice non mi ha sostituito degnamente?>
<Sì ma non eri tu!>
Mi posò un dolce bacio sulle labbra. 
<Rimedierò a tutto piccola. Una volta che saremo fuori di qui salderò tutti i miei debiti!!!>
<Uhmmmm…>
Si allontanò da me. Sapendo che non avrei resistito alle sue labbra.
Arrivò il pranzo. Mangiai imboccata dal mio principe… Ogni tanto sbuffavo ricordandogli che non ero moribonda, ma lui non ne voleva sapere e continuava nella sua opera di assistenza.
Il pomeriggio passò lento, Edward mi aveva procurato libri e riviste, ma io passavo il tempo tra un controllo e l’altro a fissarlo. Lavorava al portatile, riceveva qualche chiamata, mi piaceva contemplarlo assorto nel suo lavoro.
All’ora di cena mi disse che si doveva allontanare, ma come uscì vidi il suo folletto entrare con un vassoio tra le mani.
<Ma almeno ti paga Edward?>
Alice rise, ma lo sguardo tornò subito a posarsi su di me. Avrei dovuto mangiare tutto. Una croce più che una tortura!!!
Edward tornò e mi propose un giretto fino all’ingresso.
Misi un golfino sulle spalle mentre Edward mi porse il braccio.
Scendemmo al piano terra, mi sosteneva accompagnandomi per il giardinetto che circondava l’ospedale.
L’aria pizzicava, ma il tramonto che stavamo osservando meritava il fastidio del freddo sulla pelle. Il suo abbraccio stretto leniva quel fastidio.
<Come stai piccola? Un po’ di ossigeno ti fa bene, ma non devi prendere freddo intesi?>
<Intesi… a patto che…>
<Uhmmmm vediamo che mi chiederà la mia piccolina!!!!! Sono proprio curioso…>
<…resti con me anche stanotte…>
<Mi costringi ad una nottata su di una poltrona… Uff… come farò…>
<Ma il mio letto è comodo… Grande… Spazioso… e libero!!!>
<La mia piccola tentatrice… starò con te promesso, ma dormirò sulla poltrona. Se mi avvicinassi troppo a te sarei a rischio tentazione.> Sogghignò e compiaciuto dell’avvertimento mi riaccompagnò nella mia stanza.
<Devi riposare piccola, starò seduto qui accanto a te.>
Spostò la poltrona, la avvicinò al mio letto e sistematosi allungò la sua mano per prendere la mia. Questa volta l’aveva vinta lui. Presi la sua mano e mi girai di lato per contemplare ancora una volta il mio miracolo. Occhi negli occhi, sguardi profondi più di mille parole. Ogni tanto mi sorrideva ed io non facevo altro che perdermi su quelle labbra. Fino a che non sentii le palpebre diventare sempre più pesanti e cominciare a chiudersi. Sentii le sue labbra avvicinarsi alla mia fronte, baciarla e sussurrare 
<Dolce notte piccola mia!>


<Buongiorno Miss Swan… mi spiace svegliarla ma devo farle un prelievo e qualche misurazione…>
I miei occhi pesanti si aprirono a poco a poco e scorsi la poltrona vuota rimessa all’angolo della stanza, e una grossa infermiera armeggiare con termometri e stetoscopi…
<Buongiorno… Il Dr. Masen non c’è?>
<È uscito per un caffè, intanto che io mi occupo di lei. Mi ha chiesto di riferirle che arriva subito.>
Sbuffai, cercai di rilassarmi e la lasciai fare.
Chiusi gli occhi, ma per un attimo fui invasa dal suo profumo.
<Sono qui. Accanto a te.>
Il mio cuore prese un ritmo accelerato e quando lui se ne accorse, si staccò da me.
<Dottore posso chiederle di uscire, non riesco a prendere la pressione alla signorina con lei nei paraggi!>
L’infermiera sorrideva, ma anche lui aveva notato l’effetto che mi aveva fatto. E uscì.
<Ora che siamo sole, le posso svelare un segreto signorina?>
<Certo…>
<Ha un fidanzato da urlo. Qui all’ospedale è famoso per non accettare la corte di nessuna, e quando ieri l’hanno visto in sua compagnia si è scatenato il putiferio. Ma non prenda male queste mie parole. Ha accanto una persona seria, oltre che molto affascinante.>
Arrossii al pensiero che fossi stata una delle poche donne a farlo capitolare, ma ancora non mi sembrava vero né possibile. Così sorrisi all’infermiera.
<Sì,  molto affascinante…>
Chiusi il discorso, alquanto imbarazzata.
Poi una voce familiare…
<Bella buongiorno… oggi mi assecondi con la sedia a rotelle? O vuoi sfinire il mio fratellone?>
Guardai in direzione della porta, Alice il folletto minaccioso aveva tutte le intenzioni di non piegarsi ai miei capricci.
Sospirai… (o forse sbuffai).
<Andiamo…> 
Le dissi... 
<ma se al ritorno sto bene cammino!>
Rise alla mia risposta.
Vidi l’infermiera uscire ed Edward entrare.
<Scusa>
<Per cosa?> gli chiesi…
<Per il tuo cuoricino sono troppo!!!!>
Doveva aver sentito la nostra conversazione. Faceva l’altezzoso.
Rise e cercai di colpirlo ma presi male le misure e mi sbilancia in avanti. Lo vidi sgranare gli occhi e correre in soccorso. Ero tra le sue braccia, ma ridevo. Era nella mia trappola e comincia a mordicchiargli il collo e scendere giù fino alla spalla…
Lui sospirò, non prese il mio gioco come tale. Sembrava gemere sotto i miei denti.
Pronta Alice interruppe…
<Ragazzi almeno aspettate che io sia fuori!!!> 
e uscì lasciandoci qualche minuto solo per noi.
Divenni paonazza e mi nascosi nel petto di Edward, le sue braccia a stringermi e il suo viso improvvisamente a cercarmi.
<Scusa piccola, ma tu non immagini che effetto mi fai ogni volta. È troppa la voglia che ho di te e questi giorni, questo stress hanno abbassato le mie difese tanto che mi sono sciolto al tuo tocco.>
Alzai gli occhi su di lui. Era serio, fisso e con lo sguardo ardente. Come poteva essere così potente solo guardandomi?
<Edward non mi devi delle scuse. Forse le dovremmo a qualcun altro…>
<Alice??? Non ti preoccupare. Le parlerò io. Ora però vediamo di finire questi esami ed avere una diagnosi quanto prima.>
<Conti i minuti anche tu?>
<Oh piccola, non sai che tortura vederti qui stesa e non poterti toccare, farti mia, stringerti e farti gemere di piacere.>
Le farfalle allo stomaco, la vertigine nella testa, il caos.
<Edward fermati o non saprò come farai tu a calmare la mia voglia di te...>
Sospirò. Sospirai. Si alzò chiamando Alice.
Abbassai lo sguardo, vergognandomi per la scena di poco prima. Lei mi si avvicinò.
<Mi sa che dovrò installare i vetri insonorizzanti a casa, quando ti dimetteranno.> 
e facendomi l’occhiolino mi fece sedere sulla sedia a rotelle e mi portò al settimo piano. 
Edward, precedendoci, si stava accertando che non avessi anelli orecchini o quant’altro addosso.
<Non ti preoccupare Edward, ho tolto tutto ieri.>
<Bene… io devo aspettare dietro al vetro, non posso entrare ma mi vedrai. Tu tieni lo sguardo fisso su di me e in un attimo saremo fuori.>
<Promesso?>
<Promesso piccola.>
<Bella andiamo a prepararci, il tuo adone starà lì dietro a fissarti!!!! A me inquieterebbe un po’ ma capisco che al fascino del mio fratellone non si resiste!!!> 
E ridendo mi spinse oltre la porta blu. Una porta immensa e spessa. Pensai subito all’idea di rimanere bloccata all’interno di quella stanza. Cominciai a sentire l’affanno vincere la mia serenità, sentii la paura farsi avanti.
<Bella…> Alice doveva aver percepito la mia ansia dal mio respiro sostenuto… 
<Bella guardami, cerca di inspirare dal naso… bene più aria che puoi. Poi butta fuori piano piano… sono qui, io sono qui e Edward è là fuori.>
Mi indicò la vetrata da dove potevo fissarlo… Lui alzò la mano. Il sorriso appena accennato di chi si era accorto che qualcosa non andava. Poi portò la sua mano, quella meravigliosa mano, alla bocca, e mi soffiò un bacio di quelli dolci che calmò il mio cuore, il mio respiro, la mia ansia.
<Bene, vedi che non è nulla?>
Inspirai nuovamente.
<Ora ci alziamo piano piano e ci mettiamo su quel lettino lì…>
Mi indicò il posto accanto a noi dove dovevo stendermi. Poi la vidi infilarsi una imbragatura blu e un paio d’occhiali strani.
<Che fai Alice?> Le chiesi…
<Ho deciso di starti accanto. Durante l’rx non devi muoverti. Così qualsiasi cosa ti venga in mente io sono qui ad aiutarti e sostenerti.>
Mi sdraiai con il suo aiuto sul lettino. 
<Grazie Alice.>
<Tranquilla, facciamo stare tranquillo anche Edward altrimenti ce lo ritroviamo di qua!!>
Il tecnico ci parlava dall’interfono.
<Miss Swan io sono pronto. Cerchi di trattenere il respiro dal momento che la lucina che ha di fronte diventa rossa fino a che non torna verde. A quel punto la prima radiografia sarà fatta. Sposterò il macchinario più in basso verso il ventre e ripeteremo la cosa della lucina. È pronta?>
<Si…> con un filo di voce.
Vennero fatte le due radiografie. Alice accanto a me e Edward di là dal vetro sofferente.
Uscimmo, e mi fu subito vicino con lo sguardo interrogativo.
<Sto bene Edward. Solo uno stupido attacco d’ansia.>
<Meglio piccola. Non mi piace sentirmi impotente.>
<Comunque non ero sola, tua sorella ti ha sostituito alla grande.>
<Ok piccioncini… ora si torna in stanza. Pronti???>
<Andiamo Alice, posso camminare un po’?>
Lei alzò gli occhi al cielo e fece spazio a Edward in modo che potesse tenermi per mano.
<Lo sapete che riuscite a farmi sentire veramente malata voi due???>
Risero alla mia frase, ma era realmente così.
Con noi arrivò anche il Dr. Shepherd che parlò a lungo con Edward e poi venne da me.
<Allora Miss Swan, tra poco mi arriveranno i suoi Rx. So che ha avuto un attacco d’ansia. È importante per me sapere se è un caso sporadico, se in realtà ne soffre. Devo saperlo al fine di perfezionare la mia diagnosi.>
<Beh… un caso sporadico no, ma non mi capita spesso. Ultimamente quando sono particolarmente stanca mi capita.>
<Bene. Io vado a ritirare le radiografie, torno tra poco con il risultato dei test.>
Edward salutò il collega e si accomodò sul letto.
<La mia piccola che tra poco uscirà di qui…>
<… e starà con te…>
<…solo con me…>
<…per sempre…>
<…per sempre piccola mia…>
<…baciami Edward!>
Le sue labbra si posarono sulle mie. Morbide, saporite, umide, a cercare le mie. Labbra contro labbra. Sentii  le sue schiudersi e le mie cercare di farsi un varco, lasciando passare la mia lingua. Volevo assaporare ogni cosa: le sue labbra, i sui suoi denti, la sua lingua. Fu come mescolarsi in un vortice infinito, senza mai smettere di cercarsi, toccarsi, desiderarsi. Fino a che Edward non interruppe questa danza come era solito fare.
<Verrà il giorno che non mi lascerai a metà.>
















































Thanks to Melbie Toast for the enhanced photo of Rob!!!

3 commenti:

Sylvie Hottie Packer ha detto...

ahhhhh....chissa' quando uscira' da quell'ospedale....mi vengono in mente solo strane cose da poter fare con quel dott.....bello bello bello....attendo CON ANSIA il seguito!!!!!

Sylvie

Eva ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Trilly ha detto...

Sono d'accordo con Sylvie! Chissà cosa succede quando uscirà dall'ospedale...altro che farfalle, fuochi d'artificio invece!!! Sono sempre più curiosa!