Edward POV
Finimmo di fare colazione sulle scale. La mia piccola mi guardava con occhi languidi, come se fosse ancora affamata nonostante il pasto. Bevve del succo. Poi la vidi mettersi a gattoni e avvicinarsi a passi lenti, negli occhi il fuoco, la fame, la sete… e avvicinandosi pericolosamente al mio viso si scagliò sull’orecchio…
<Dopo la cura dovrai implorarmi di smettere…>
Si alzò in piedi e corse in camera.
Io rimasi per un attimo impietrito ma poi pensai che non poteva passarla liscia. Mi stuzzicava e se ne andava. Così mi alzai e corsi verso di lei.
La trovai nel letto sdraiata. Dapprima ero impaurito perché non capivo se stesse male o meno, poi infuriato perché scoprii che si era presa gioco di me. Rideva.
Saltai nel letto, la intrappolai nella mia gabbia. Si fece seria, tutto in un attimo… la mia bocca si posò sulla sua. Lei si attaccò alla mia come se avessimo calamite al posto delle lingue. Un bacio, un altro, e poi le sue mani sul mio petto nascosto dalla maglietta, facile per lei da aggirare come ostacolo…
<Ehi piccola… non avevi detto “dopo la cura”?>
<Oh si vita mia, ma io posso guardare mentre tu… tu…>
Il suo viso avvampò di rosso. Il suo sguardo basso.
<Mentre io cosa dovrei fare?>
Non sapevo dove volesse arrivare, ma la sua domanda non conclusa creò brividi nel mio stomaco.
<Hai detto che non puoi fare a meno di me giusto?>
<Si piccola mia…>
<Bene. Devi dimostrarmi senza toccarmi quanto il pensiero di avermi ti faccia godere. Quanto io nella tua mente riesca ad eccitarti. Puoi farlo per me?>
Sgranai gli occhi. Era uno spettacolo. Mi chiedeva di farle vedere quanto mi eccitasse lei, il suo corpo e il pensiero di averla tutta per me…
Scesi dal letto.
Mi sbottonai la camicia. Allentai la cintura dei pantaloni, rimanendo fisso con lo sguardo su di lei.
Nei miei boxer c’era già la rivoluzione. La sua voglia era diventata la mia.
Mi massaggiai ben bene l’asta ancora all’interno dei boxer, presi la vita dei pantaloni e li feci scivolare lungo le mie gambe, fino a terra. Appoggiai le mie mani al letto. Vi appoggiai anche le ginocchia, una alla volta. Cominciai a gattonare verso il centro del letto. Lei fissa su di me, si sedette per bene, con la schiena alla spalliera pronta per il mio show.
Allora riportai le mie mani sulla mia eccitazione, massaggiandola dapprima sul tessuto e poi da dentro. Anche i boxer durarono poco. Gli occhi socchiusi, ma sempre su di lei, non ressero quando feci aumentare il ritmo, il collo si stese all’indietro e la mia schiena si inarcò. Godevo da matti e lei era lì che si morsicava le labbra e stringeva le cosce godendosi lo spettacolo.
Ad un certo punto, quando stavo per raggiungere l’orgasmo, sentii un suo piede sfiorare la mia coscia. Mi ridestò dal torpore. Lasciai il mio membro pulsante e cominciai a sbaciucchiarle la caviglia. Risalii per il polpaccio, il ginocchio, la coscia. Lei tremava mentre il mio membro eccitato sfiorava la sua dolce pelle.
Mi fermai.
<Non finisci?>
Mi chiese. Lo sguardo innocente, il dito indice a torturarsi il labbro inferiore e due occhi da cerbiatta che mi mandavano fuori di testa.
<Tu mi hai stregata, mai prima d’ora avevo fatto questo davanti ad una donna, alla mia donna. Ricorda che quando starai meglio, mi ricompenserai di questo…>
Mi rialzai sulle ginocchia.
Ripresi la mia erezione in mano.
La massaggiai… ero di nuovo al limite, la sentivo pulsare e sentivo Bella ansimare.
La guardai.
Stava eccitandosi da sola.
Stava toccandosi, mentre guardava me farlo.
La cosa mi mandò alle stelle.
Mi accasciai su di lei, appoggiando la mano libera alla testata del letto e mi avvicinai tanto da sentire l’eccitazione e il calore che emanava il suo corpo.
Aumentai l’intensità e mi fissai a guardare la sua mano che affondava in lei.
Avvicinai le mie labbra al suo orecchio.
<Urla il mio nome Bella… Mentre ti tocchi, urla che è per me.>
<Ahhhh Ed… Edward… Ahhhh…>
A quelle urla venni. Mi posai sul suo ventre mentre scaricavo il mio piacere su di lei.
<Sei caldo Ed… Edward… ohhhhhhhhhh>
Venne anche lei. Tese le gambe, inarcò la schiena. Chiuse gli occhi, strinse le sue piccole labbra e con la mano libera si librò dei capelli sudati che le erano ricaduti sul volto.
Era uno spettacolo. Era mia. Era fantastica, con il fiato grosso per lo sforzo appena fatto, la riavvolsi nel mio pullover.
Mi fissava, compiaciuta.
<Tu mi farai morire Bella.>
<Dr. Masen, non le è piaciuto il giochino???>
Affossai il mio viso sul suo collo.
<Tu mi mandi alle stelle. Sempre. Vederti così compiaciuta mi fa andare fuori di testa.>
<Vado a farmi una doccia. Tu vedi di non seguirmi.>
Mi disse sfoderando i suoi occhi da cerbiatta…
<Ok. Ti aspetto qua. Ma tu non metterci troppo ok?>
Mi misi a fissare il soffitto cercando di non ridere di ciò che ci era appena successo.
La amavo e vederla così serena, mentre giocavamo, mi riempiva il cuore di gioia.
Sentii i suoi capelli umidi ricadere sul mio petto ancora nudo. Tremai di piacere nel sentirla di nuovo accanto a me. Si accucciò al mio fianco.
<Come stai piccola?>
<Da dio Edward. Mi sento serena e felice.>
<Quando vorrai stare anche bene mi avviserai e partiremo.>
Alzò i suoi occhi verso i miei.
<Partiamo.>
<Amore mio. Non è una costrizione, la tua testolina deve essere pronta per fare questo lungo viaggio.>
<Basta che tu stia con me.>
<Io sono già con te. Sempre.>
L’abbracciai forte e la cullai finché non la sentii lasciarsi andare al sonno. Tutta la mia vita era in quell’abbraccio. Avrei potuto rinunciare a tutto, ma non a questo. Ero in paradiso e lei era con me.
Passammo tutta la mattinata così.
Poi chiamai Alice. Avevo bisogno di alcune cortesie e di avvisare tutti che la sera saremmo partiti. Così mi alzai dal letto e dal suo abbraccio e scesi in sala. Preparai del caffè mentre chiamai il mio folletto al cellulare.
<Tu sai che cosa può servirle, mi fido di te. Passa a prendere la mia carta. Vorrei partire per le sette credi di farcela sorellina?>
Domanda inutile che rivolsi ad Alice…
<Bene folletto… avrai tempo per le mie rose?>
Mi avvicinai alla finestra, presi una sigaretta. Ne avevo bisogno. Sarei partito con il mio amore.
<Così magari riesci ad arredare per due questo appartamento… >
Alice rise…
<Mi prendi in giro sorellina???>
<Un po’ si fratellone, sei così prevedibile da innamorato…>
Mi grattai la testa cercando di capire che intendesse, quando sentii due minuscole braccia avvinghiarsi al mio punto vita.
Mi girai verso di lei. Lasciai che si appoggiasse al mio petto e lei si fece coccolare. Baciandole i capelli inalai il suo profumo. Mi sentivo pieno quando lei era così stretta a me.
<Poi mi spiegherai Alice… Ora ti saluto. A fra poco.>
Lanciai il cellulare sul tavolo. Buttai la sigaretta dalla finestra e abbracciai l’amore della mia vita.
<Caffè???>
<Tu mi vizi… >
<È mia intenzione non farti mancare nulla.>
<Allora non farmi più svegliare sola…>
<Scusa ma dovevo chiamare Alice, non volevo svegliarti… Sei pronta piccola per il viaggio?>
<Si… ma non ho molta roba con me. Anche lo shopping che abbiamo fatto non basterà a farmi avere il necessario per il viaggio!!>
< In ospedale hai promesso di ascoltarmi e darmi retta. Fallo.>
Le baciai di nuovo i capelli e cominciai a dondolarla per non farla impensierire.
<Quando torneremo avrai il tempo di andare a recuperare la tua roba e pensare ad un nuovo futuro.>
<Tu sarai con me anche in questo vero?>
<Certo…>
<Vorrei poter trovare il modo di guadagnare abbastanza e tornare a studiare per poter scegliere.>
<Scegliere che cosa piccola mia?>
<Un lavoro più tranquillo e meglio pagato. Cercare il mio posto nel mondo.>
<Un passo alla volta… e io sarò con te anche in questo. In tutte le scelte che da ora in poi farai. Ti spalleggerò e…>
<Shhhh!!! >
<Parlo troppo eh???>
<No, senti la moka del caffè??? Tra un po’ esplode se non la spegni…>
Rise di gusto.
Versai il caffè nelle tazze e l’accompagnai fuori all’aria aperta. Ci sedemmo sulla panchina davanti all’ingresso di casa mia. La sentii inspirare profondamente e chiudere gli occhi. Alle nostre spalle facevano ombra due alberelli rampicanti di gelsomino. Profumavano tutt’attorno e Bella si beò di quel profumo.
Chiacchierammo per più di un’oretta, fino a che non arrivò il mio folletto preferito. Bella corse in cucina a portare le tazze del caffè così potei allungare la carta ad Alice per le spese dell’ultimo minuto.
Salutandomi diede un’occhiata all’ingresso. Bella era sparita. Forse si era andata a vestire. Era ancora in accappatoio.
Salutai mia sorella chiedendole di non metterci troppo e rientrai in casa.
<Edward…>
<Si piccola?>
<Mi è presa fame!!>
Uscì dalla stanza, si avvicinò alle scale… Indossava solo il babydoll color rosa antico e il perizoma abbinato…
<Tu no???>
L’avrei strappato quell’inutile indumento. Stavolta non mi andava nemmeno di avere cattivi pensieri. La mia piccola mi aveva istigato e toccava a lei darmi sollievo.
Feci le scale tre gradini alla volta.
La presi tra le mie braccia.
La feci mia. Di nuovo.
Il suo corpo ancora teso per le scosse di piacere. La fronte imperlata di sudore.
Il sorriso stampato sul volto. Era la mia dea. Mi godevo questa visione tutta per me.
<Ora però si pranza sul serio…>
Le dissi.
<Prepariamo assieme qualcosa?>
<Certo… Rivestiti ti aspetto di sotto.>
Stampandogli un bacio sulla fronte mi alzai da lei. Era un trauma separarmi dal suo corpo tutte le volte.
Preparammo un pranzetto veloce. Ci sedemmo a tavola.
Non avrei mai smesso di guardare il suo volto, era luce per i miei occhi.
Mentre terminavamo il pranzo, Alice mi chiamò tutta soddisfatta per aver adempiuto al suo compito.
<Ti porto la valigia in garage. Così devi solo caricarla. La carta di credito è nel beauty case, dentro dove c’è lo specchio.>
<Grazie Alice… A presto…>
<Chiamate all’arrivo…>
<Certo…>
Spensi il telefono.
<Bella… È ora di prepararci, il viaggio è lungo, prima partiamo meglio è…>
La vidi aggrottare le ciglia…
<Che c’è piccola?>
<Nulla un po’ di pensieri ma passerà tutto come arriveremo.>
<Esatto. Cerca però di rilassarti da subito.>
L’accompagnai in camera. Si vestì, io feci lo stesso.
Uscimmo dalla stanza mano nella mano. Prese la sua borsetta. Io il cellulare, il portafogli e le chiavi della macchina. Arrivammo in garage. La Volvo era parcheggiata lì e davanti aveva due grandi valigie e due beauty case… Scrollai la testa pensando che Alice come al solito aveva dato sfogo alla sua vena scialacquatrice, ma dovevo aspettarmelo avendole affidato quel compito.
Caricai nel portabagagli le valigie, recuperai la carta di credito che aveva nascosto.
Feci salire Bella e quando fui anch’io al mio posto partimmo.
Stavamo affrontando un lungo viaggio, anche metaforicamente. Dovevo trovare tutta la forza che c’era in me per starle accanto, non permettere che cedesse o cambiasse idea. A parte tutto volevo che lei guarisse, che non provocasse danni a se stessa. Poi saremmo stati felici se lo voleva per davvero.
La fissavo di tanto in tanto. Seduta, quasi sdraiata su quell’enorme sedile, e quando chiudeva gli occhi sembrava sparirci. Ma il suo sorriso disteso e la sua mano che cercava la mia mi faceva capire che non sarebbe finita tra noi tanto facilmente.
“Gli uomini coltivano 5000 rose nello stesso giardino... e non trovano quello che cercano... e tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po' d'acqua. Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore!” ( Antoine-Marie-Roger de Saint-Exupéry)
E io avevo accantonato le mie 5000 rose per curare la mia unica “rosa”… la mia Bella.
3 commenti:
AAAAAAAAAAAAAAAAAAA ...ho ancora il fiatone!!....mamma mia....aiuto.....bellissimo Pattz....Ele.P
wow...tu sei pazza mamma mia...ho letto 18 e 19 insieme wow..wow ho dimenticato i nipoti sotto la doccia mi hai fatto aggrovigliare tutto lo stomaco...ho ingoiato a vuoto...sei bravissima Pattz...corro dai nipoti ....mery
Ho visto solo adesso che avevi postato...sorry! Che dire, sono in un bagno di sudore...mi toccherà prendere il phon per dare un'asciugatina alla seggiola!! Miseriaccia....fiu!!!!
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